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Il fascino di Kinneret

Normalmente termino la mia tappa intorno entro le due del pomeriggio. Una buona doccia ristoratrice per riprendere energia è indispensabile. A questa stagione mi restano poche ore per dare un’occhiata intorno e riflettere sulla memoria e sulla vita che il sito offre.
Non mi piace molto la cronaca, ma per capire i pensieri male non fa contestualizzarli. Un passo indietro.
Dopo il riposo forzato, domenica 6 gennaio mi metto sulla strada che costeggia il Lago di Kinneret (Genesareth) e con una buona galoppata di quasi 30km faccio sosta a Magdala, al Kibbuz Ginosar, a Tabga, a Monte delle Beatitudini ed a Cafarnao.
Al bivio per la salita alle Beatitudini incontro la prima persona con zaino e dotata del mio stesso mezzo di locomozione. Tre km di salita nel fango ci stanno triplicando la fatica. Linda è una giovane francese, partita da Dan all’estremo nord di Israele, diretta a Elat, sul golfo di Aqaba. Sono 1200 km e ha programmato due mesi. Sta camminando lungo “Israel trail”; un noto percorso da nord a sud di Israele, per appassionati. Provate a guardare la cartina geografica, dopo Gerusalemme si entra nell’affascinante deserto del Neghev. Non ho avvertito temerarietà nel suo sorriso, anzi fiducia e sicurezza. Ho speso troppo la notte precedente, mi ha detto, le prossime devo aprire la tenda. E la riva del lago offre una buona opportunità.

L’acqua tramette sempre fascino. Quanta storia dell’uomo ha come protagonista l’acqua. Gli abitanti di questa terra hanno sempre chiamato mare di Galilea la loro grande risorsa idrica. Il pesce San Pietro è una prelibatezza da queste parti e la pesca è stata una fonte notevole di reddito. Le località che oggi ho toccato hanno visto il Gesù di Nazaret consumare i suoi calzari per camminare, incontrare e parlare con le persone di questa sponda. Qui ha reclutato gli amici migliori, ha guarito, ha sfamato, ha insegnato lungo la strada ed in sinagoga. Ha lanciato lo spot delle “Beatitudini”. Non molto popolari per la verità! E senza grande appeal di marketing. Duemila anni sono passati, miliardi di uomini hanno conosciuto il prodotto ed l’hanno pure sperimentato con la propria vita. Solo quel Maestro ha lasciato “tracce” indelebili che cambiano la vita. Altri ci hanno provato, ma il tempo ne ha certificato la labile debolezza. Le nostre sono “solo impronte” che formano un popolo che cammina accanto a Lui.

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Shalom Shabbat

Shalom Shabbat in Tiberias
Il saluto shalom è di uso abituale da parte dell’ebreo osservante, durante il riposo sabbatico prende l’estensione Shabbat. Avere l’occasione di vivere il riposo ebraico, è fare una immersione nella cultura dell’ebraismo. Alle ore 16 circa, in questa stagione, il mondo del lavoro si ferma. La fretta, la corsa, le serrande dei negozi, gli uffici…tutto allo scoccare dell’ora stabilità entra nel tempo del riposo. Nelle sinagoghe, nelle case, nei punti di ritrovo inizia la cerimonia dell’accensione delle candele, accompagnata dalla lettura di testi sacri. Il mondo religioso ebraico ha all’interno differenze (Sefarditi, Aschenaziti), ma sono accomunati dal rigido schema di riti, di adesione e di partecipazione ai mitzvot previsti dal Talmud (precetti che sono ben 613).
Uscire per strada e fare quattro passi alle sette della sera, dopo una giornata di diluvio, è come entrare in altro mondo. La stessa città che poco prima era una folle corsa, è piombata nel silenzio. Non circolano auto e nemmeno gli autobus, serrande chiuse, nessun ristorante aperto. Da alcune finestre di case ascolti il ritmato canto di preghiera. Per strada ho incontrato un gruppo di giovani che, abbigliati con tipico cappello e vestito nero con tzitzit (frange annodate e penzolanti dai pantaloni) camminavano cantando canti di preghiera, con una serietà che potrebbe far sorridere. Con profondo rispetto fa invece riflettere.
I non praticanti si riconoscono immediatamente, ma hanno un atteggiamento rispettoso.
Se trovi un taxi, lo riconosci subito dallo stile arabo dell’autista.
E la città di Tiberiade è rimasta cristallizzata tutta la giornata del sabato. Il silenzio del deserto allunga per un giorno i tentacoli. A partire dalle ore 17:30 circa del sabato ogni attività ha ripreso a funzionare con l’abituale ritmo.
Ho percepito che in gran parte del Paese Israele la multiculturalità e la multietnia sta sperimentando modalità di convivenza. Questa regola ha certamente delle eccezioni…
Essere sulla strada e non percepire alcun elemento di minaccia, è stata la mia esperienza!
Non so se l’assaggio sia sufficiente per esprimere questa considerazione, fino ad oggi direi di sì. Conferma il pensiero di Samar.

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Great storm

Tiberiade

Oggi sono in sosta forzata. Ricordate la tempesta sul lago, descritta dal Maestro? Da questa notte una “great storm” si è abbattuta su questa zona. Confesso di non aver mai visto una quantità d’acqua tale, per così tante ore. Le strade sono fiumi. Per fortuna nel plumbeo cielo da mezz’ora si intravvede un po’ di luce. Sono alloggiato a cento metri dal lago, mi pare di averlo solo intravisto.

La giornata odierna prevedeva Ginosar, Cafarnao, Tabga, Magdala, monte delle Beatitudini. Lo sarà certamente domani. Il meteo dice che me lo permetterà.

È iniziato lo shabbat ebraico. Ho visto tanti cappelli neri, kippà, trecce, barbe lunghe aggirarsi per le strade. Immagino verso la sinagoga. Per chi fosse curioso, è iniziato con precisione alle ore 16:09 con le candele di luce per 40’. Siamo nel giorno 18 di Tevet e nell’anno 5778.  Termina domani alle 17:29. I fratelli maggiori ebrei pensano così.

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Sbagliare strada

Sbagliare strada
Quante volte nella vita! E poi è nato il navigatore e le tracce GPS che offrono la possibilità di sciogliere ogni dubbio. Anche le certezze strumentali però non sono sempre tali. Eppure agli strumenti elettronici al giusto comando rispondo e con altrettanta precisione ed in modo rigido.
Solo la duttilità dell’intelligenza umana è in grado di operare modifiche e gestirle.
Oggi l’ho sperimentato più volte. Il cammino prevede percorsi anche fuori dalle strade. Altri pellegrini mi fornito le proprie tracce, sperimentate.
Gli interventi dell’uomo in una carrareccia di campagna o con una rete di confine o un nuovo cantiere ti creano difficoltà nel ricercare il giusto percorso, tracciato anche solo due anni fa.
Oggi per esempio ho camminato almeno due km in più per aver imboccato una carrareccia, a sinistra invece che a destra, di una rete di confine.
L’opera dell’uomo ha la capacità di essere sia buona che cattiva consigliera.

La meta il monte Tabor. Nettamente distinto dalle altre alture della Galilea, vale a dire a 588 metri s.l.m.
Si attraversa il villaggio arabo di Dabburiya. Per i pellegrini cristiani, Dabburiya corrispondeva al luogo in cui Gesù aveva guarito il giovane indemoniato e a fare diventare il Tabor un luogo-simbolo fu la trasfigurazione di Cristo.
Una bella ed impegnativa salita, all’interno di un parco naturale. Ti accoglie un prezioso luogo di culto che sembra proprio richiamare il desiderio di Pietro di eleggere quel sito come luogo di paradisiaco riposo.
È presente una comunità di recupero di Mondo X di p. Eligio, l’amico di Rivera.
Il connubio della guarigione del giovane indemoniato con la trasfigurazione sa indicare la strada giusta anche a chi è incorso su strade sbagliate.
Il meteo sta peggiorando notevolmente. Piove, ma la previsione è di “great storm”, annunciano i locali.
Attenderemo gli eventi a Tiberiade, che raggiungo nella serata.

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Nazareth

Nazareth
Camminare alla volta di Nazareth è stata, per la prima parte, una bella passeggiata agreste, carica di fango per l’abbondanza pioggia nella notte. La seconda, un fuori pista in parallelo all’autostrada.
Dal fondo valle si sale alla città vecchia, attraversando quella nuova in abbondante esplosione di cemento.
Giornata primaverile, anche se la foschia annuncia il meteo in evoluzione.
Qui la pioggia è una manna, per svariati motivi. Non ultimo quello di dare una mano alla pulizia.
Anche se il territorio è di cultura prevalentemente araba, l’abbondante presenza di immondizie, di ogni ordine e grado, non è assolutamente giustificata.
Confesso che devi essere fortemente motivato per incontrare lo spirito dell’Annunciazione e della vita giovanile del Gesù. All’incontro bisogna sempre mettersi in gioco, essere parte.
E quella piccola donna ha detto un si di totale disponibilità.
Il ritrovamento di due case del primo secolo sono la testimonianza della vita di questo territorio.
Ed il sito della “tomba del giusto” dà ancora più valore alla evangelica storicità di Nazareth.
La old city con i caratteristici negozi e stili di vita soddisfano la conoscenza del turista pellegrino.

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Convivere non è utopia

I’billin
Piccolo villaggio sulla strada verso Nazareth.
La signora Samar, alla porta della guesthouse, ci attende e ci saluta in perfetto italiano. Siamo all’interno del complesso Mar Elias school. Una scuola fondata da un vescovo melchita, di rito orientale greco cattolico. La bellissima chiesa è caratterizzata dall’iconostasi a fronte del presbitero, come nel rito greco ortodosso.
La popolazione della zona è araba e l’obiettivo fondante la formazione scolastica, ci dice Samar, è l’educazione alla pace e alla convivenza.
Il proselitismo lo fa lo Spirito Santo e gli uomini si mettono a disposizione.
Alla inevitabile curiosità per l’ottima conoscenza dell’italiano, Samar mi risponde che ha vissuto tre anni in Italia, in varie città e che frequenta molti amici. Ma la curiosità va oltre e mi fa capire che parla in modo fluente anche francese, inglese e tedesco. Scopro poi che è palestinese di Gerusalemme est e che ha ottenuto il passaporto israeliano.
La chiacchierata si inoltra inevitabilmente sul rapporto fra palestinesi ed israeliani.
Lo scambio di oltre un’ora è stato un corso monografico universitario di relazioni internazionali.
Storia e geografia, antropologia sociale e glottologia e politica economica sono state le discipline di ancoraggio per dimostrare che i cittadini di questa terra, siano essi israeliani o palestinesi, vogliono la convivenza. E sono pure coscienti del prezzo. Mettono il valore della persona a fondare la relazione di convivenza, a qualunque fede appartenga.        Le lotte fratricide, pur vere, sono schegge alimentate e strumentalizzate dalla politica.    Il potere ha obiettivi differenti, che saldano le radici prevalentemente nel terreno economico.

Mi racconta un emblematico fatterello personale. Dopo l’intervento ad un convegno di sole donne sull’educazione alla convivenza a Manhattan, l’organizzatrice chiede: “ma lei araba cristiana, quando si è convertita?”  Lo stereotipo che arabo equivale a mussulmano è patrimonio di pensiero prevalente, che mina le relazioni.  La non conoscenza è spesso una bomba in mezzo alla folla del pensiero debole.

Ho trascorso un pomeriggio di educazione alla pace, parlando di guerra.

 

 

 

 

 

 

 

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Da Amman ad Akko

Amman, arrivo all’una di notte. Mutaz ci accompagna nel piccolo appartamento affittato.
Gentilezza e attenzione la prima accoglienza. Ci sveglia all’alba il canto del muezzin che invita alla preghiera del mattino.
Amman inizia a mostrare il volto del giorno, ben diverso da quello della notte. Un traffico caotico ed incredibilmente veloce attraversa una metropoli di cemento e tappezzata di maga insegne di invito e conoscenza.
Di buon ora trasferimento a Jerash con visita al sito archeologico, testimone di molte epoche storiche, fino a che un terremoto dell’VIII secolo ha impresso una svolta al territorio.
Incontro Fiorenza ed il gruppo di Conselve, con il quale condivido la giornata.

Il giorno 29 dic. visita a Petra. Una gola della montagna, in mezzo al deserto, che il dominio Nabateo aveva eletto come sito di potere e di vita. Ingegneria, architettura e urbanistica hanno messo insieme competenze, realizzando opere di straordinaria bellezza ed invidiabili ai moderni.
Sabato 30 dicembre ci trasferiamo a Nazareth, con il pullman della società palestinese Abraham Tours.
Alla fermata sono in attesa dello stesso trasferimento anche Francesco e Paul, due focolarini che prestano servizio a Nazareth nel convento dei Francescani. L’autobu è sempre ricco di incontri. La comunione di simpatia ed amicizia fa subito effetto. E una  ricca spaghettata conclude la serata.
L’esperienza del transito al confine con Israele, contrariamente alle tante chiacchiere, è stato di estrema professionalità e correttezza. Giovani ispettori non formali, ma attenti a dare il benvenuto agli ospiti.
L’ultimo giorno dell’anno è iniziato con la marcia a piedi da Nazareth fino a Kfar Kanna (Canaan del Vangelo) e poi rapido trasferimento a Akko (San Giovanni D’Acri). Da qui vero start del nostro Jesus trail in the Galilee.
Dopo alcuni giorni vissuti in questa parte del mondo, confesso che l’emozione non mi manca.
Eppure queste ore sono trascorse intense, anche se con internet e WiFi non sempre disponibili, ma ricche di dialogo con Lorenzo su molti argomenti. Non sempre di condivisione, ma di ricerca.
In questo momento sono in ostello ed osservo l’abbigliamento di alcune donne con figli, di differente generazione parentale. La gamma dei vestiti va dal tradizionale arabo con velo all’occidentale spinto, con blue jeans con i moderni strappi.
Percepisco che la multiculturalità di questo paese non ha problemi di convivenza tra la gente comune.
Il confronto con Francesco mi dice che il cittadino comune, anche ebreo, vuole la pace con i palestinesi.
Auspica i due stati indipendenti. Una Gerusalemme internazionale.  Eppure la politica non lavora per questa meta.

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